Il cordoglio del Lodigiano per il “mito” Niki Lauda: «Campione coraggioso»

Testata: Il Cittadino.

Il “Club Clay Regazzoni” conserva il casco utilizzato nel 1974 dal pilota austriaco che però non fu mai ospite del nostro territorio

di Fabio Ravera

Un personaggio schivo, quasi irraggiungibile, proprio come si conviene ai “miti”. Niki Lauda, scomparso lunedì all’età di 70 anni (la notizia è stata diffusa solo ieri mattina), è stato uno degli “eroi” della Formula 1, un pilota unico per stile di guida e soprattutto per carattere. Il terribile incidente in Germania del 1976, da cui uscì con il volto sfigurato, il ritorno in pista due mesi dopo e la decisione di non correre causa condizioni meteo impossibili l’ultima gara di quell’annata, il Gp del Giappone, nonostante fosse a un passo dal titolo, rappresentano i momenti più emblematici di una carriera straordinaria.

La notizia della morte del campione austriaco ha lasciato un grande vuoto anche tra gli appassionati di motori lodigiani. Complice la leggendaria ritrosia, Lauda non partecipò mai a eventi organizzati nel territorio, ma una “traccia” della sua avventura a quattro ruote è conservata nel museo del “Club Clay Regazzoni onlus – Aiutiamo la paraplegia” di Cadilana: il casco utilizzato dal pilota nel 1974, recuperato dal presidente onorario e fondatore dell’associazione Giacomo Tansini una ventina d’anni dopo grazie a un meccanico della Ferrari. «Personalmente ho anche avuto l’onore di conoscerlo, durante una serata di beneficenza organizzata a Maranello nel 1996 – racconta Tansini -. Abbiamo chiacchierato del più e del meno, ma era una persona piuttosto schiva. Un’altra volta lo incontrai ai box quando era dirigente della Jaguar e un’altra volta ancora, per puro caso, a Modena, insieme a Regazzoni. Clay mi ha raccontato come andarono davvero le cocase tra lui e Lauda durante il periodo in Ferrari: entrambi si stimavano e si rispettavano, ma la scuderia in qualche modo preferì l’austriaco dandogli maggiore supporto».

Dello stesso parere è anche don Luigi Avanti, grande esperto di motori, presidente del Club Clay Regazzoni e vicepresidente del Club auto moto storiche Castellotti di Lodi: «Regazzoni, come battuta, diceva che forse non avrebbe dovuto portare Lauda alla Ferrari visto che poi gli soffiò il posto di primo pilota… In ogni caso credo che l’austriaco sia stato un grandissimo, tra i migliori dell’epoca, anche se a mio parere Clay non aveva nulla da invidiargli. Di Lauda ricordo soprattutto il grande gesto durante il Gran premio in Giappone del 1976, quando decise di fermarsi a causa delle condizioni meteo per non mettere a rischio la propria vita: fu un atto di grande coraggio».

Lauda fu “inseguito” a lungo anche dalla Scuderia Ferrrari Club di Sant’Angelo Lodigiano, ma non ci fu verso di portarlo in città: «Evitava di fare le serate, più volte, attraverso intermediari, abbiamo cercato di invitarlo, ma ci è sempre stato sconsigliato – racconta il presidente Maurizio Senna -. Come pilota è stato uno dei più grandi, un pilota “calcolatore”. L’episodio del Giappone rappresenta l’emblema della sua carriera, ha preferito fermarsi pur essendo a un passo dal titolo mondiale. La sua vita, purtroppo, è stata enormemente condizionata dall’incidente in Germania: oltre ai segni sulla pelle, penso che nell’occasione abbia respirato anche dei gas che gli hanno procurato seri problemi ai polmoni che si è trascinato fino all’ultimo. Il suo nome rimarrà indelebile nel cuore dei ferraristi: come Scuderia Ferrari, venerdì, faremo un minuto di raccoglimento in suo onore».

HA VINTO TRE MONDIALI

L’incidente del Nürburgring nel 1976 non bastò a fermarlo

LODI «Preferisco avere il mio piede destro che un bel viso». In questa frase è probabilmente concentrata l’essenza di Niki Lauda, una vita dedicata alla velocità e segnata dal terribile incidente dell’1 agosto 1976 sul circuito del Nürburgring, in Germania. La sua Ferrari prese fuoco e solo il tempestivo intervento dei colleghi, tra i quali Arturo Merzario, riuscì a salvarlo: 42 giorni dopo il dramma l’austriaco tornò in pista a Monza per battagliare con il rivale James Hunt, poi campione del mondo a causa della scelta di Lauda di non correre l’ultimo Gp in Giappone. In Formula 1 Niki ha prestato il suo talento a March, Brm, Ferrari, Brabham e McLaren, vincendo 3 Mondiali, 2 con la “rossa” (1974 e 1977) e 1 con la McLaren (1984), disputando in totale 177 Gp conditi da 25 vittorie. «Vinse a Monza il Mondiale dopo 12 anni che la Ferrari non trionfava davanti al pubblico italiano. Chiamai Enzo Ferrari e lo sentii per la prima volta, commosso, che piangeva», il ricordo dell’allora ds Luca Cordero di Montezemolo. Dopo il ritiro dalle competizioni ha fondato una propria compagnia aerea ed è stato consulente di diversi team di Formula 1, tra cui Ferrari e Jaguar, prima di diventare presidente onorario della Mercedes con un ruolo al fianco di Toto Wolff. «Resterai per sempre nei nostri cuori e in quelli dei tifosi», ha scritto il club di Maranello aggiungendosi al cordoglio degli sportivi di tutto il mondo.

 

 

 

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