Testata: Il Tempo.
Lauda: «Mi ha insegnato ad amare la vita»Williams: «È stato un gentiluomo». Montezemolo: «Era generoso. Una passione per la Rossa»
La morte Clay Regazzoni l’aveva già vista in faccia. L’aveva beffata quel giorno a Long Beach nel 1980, era riuscita ad uccidergli solo le gambe. E lui con quello stesso spirito guascone con cui l’aveva guardata in faccia quel giorno nel Gran Premio degli Stati Uniti, ha continuato a vivere. «Pensando positivo, amando la vita e vivendola sempre fino in fondo. Questo è quello che ho imparato da lui, soprattutto come uomo, e questo è il più bel ricordo che ho di Clay. Lui mi ha insegnato ad amare la vita». Così Niki Lauda ricorda «l’amico, il fratello» Clay Regazzoni. Il pilota austriaco, che assieme a Regazzoni guidò prima in BRM e col quale poi formò la grande coppia ferrarista dal 1974 al 1977 (mondiale di Lauda nel ’75), ha appreso la notizia della morte di Regazzoni da un giornalista italiano. «Siete stati voi, praticamente, ad informarmi. Per me è stato uno choc, non me lo sarei mai aspettato. Tanto più morire in un incidente stradale. Per uno come Clay mi sembra una beffa del destino». «Clay vinse il primo Gran Premio per la Williams nel 1979 a Silverstone. Quell’evento è stato probabilmente il più importante per la nostra scuderia in Formula Uno». Sir Frank Williams lo ricorda così. «È sempre stato un gentiluomo ed è sempre stato un piacere averlo nel nostro team. Patrick Head (dt del team) ed io e tutti i membri della scuderia lo ricorderemo sempre». «Con Clay Regazzoni scompare un pilota e un uomo coraggioso e generoso che ha sempre interpretato la vita in questo modo. Lo ricordo non solo come un mio pilota in anni indimenticabili, ma anche come un vero appassionato della Ferrari». È questo il ricordo del presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo. «Per lui le corse erano ardimento e sfida da affrontare al limite, dal primo all’ultimo giro. Insieme a lui e a Niki (Lauda) ho festeggiato il mio primo mondiale alla Ferrari, nel 1975, e non posso dimenticare i suoi grandi successi sulle nostre macchine». «È come avere perso un fratello». Queste le parole del commissario della Federcalcio Luca Pancalli. «Io e Clay eravamo legati da una sincera e profonda amicizia, sin dai tempi in cui avevamo costituito insieme la Fisaps (federazione italiana automobili patenti speciali), federazione che oggi fa parte del comitato paralimpico. Quando si perde un amico è sempre molto doloroso, certo che per un grande pilota come lui morire in un incidente d’auto è davvero una beffa del destino. Mi preme ricordare la sua grande voglia di vivere e di stare vicino ai ragazzi disabili». Visibilmente scosso Giacomo Tansini, presidente dell’associazione «Aiutiamo la paraplegia – Club Clay Regazzoni onlus»: «Era appena tornato dall’Argentina. L’ho sentito al telefono verso le 15.15. Poi alle 16.40 la telefonata della brutta notizia. Non ci volevo credere».